DECLINAZIONI.
La Ellebi Galleria d’Arte presenta sabato 16 maggio “DECLINAZIONI”, una mostra a due voci raccontata attraverso il linguaggio creativo di Armando Marrocco e Giovanni Fava.
La rassegna, curata da Antonio D’Avossa, e’ la prima di una serie di esposizioni che ha come scopo quello di approfondire la ricerca di artisti appartenenti a generazioni diverse.
Scrive D’Avossa nel catalogo: “Armando Marrocco e Giovanni Fava divisi da una forma visiva del fare pittura e scultura assolutamente differente si incontrano invece in quella pratica dello scavo del processo visivo nella sua forma primaria.
Originaria e non primitiva, questa forma attraversa l’intera opera di Armando Marrocco e, da un’altra postazione, quella della scrittura in particolare, fonda i lavori e la ricerca che Giovanni Fava porta avanti da qualche anno.
In realtà, Armando Marrocco dalla fine degli anni Cinquanta ha sviluppato un vero e proprio sistema di investigazione nei confronti della superficie pittorica così come nei confronti dei materiali utilizzati per la costruzione di questa superficie e della sua analisi.
L’articolazione attivata da Marrocco, lungo il suo intero percorso, può essere considerata un’ indagine verso superficie e materie, colori e luoghi, linee e punti, che rinviano sempre alle sue radici mediterranee e che tuttavia si arricchiscono della sua visiva (e vissuta) esperienza storica milanese. “
Saranno in mostra circa 20 opere dell’artista pugliese di nascita ma milanese di adozione. Dai “Mediterranei”, opere in cui la superficie spesso polimaterica o monocroma dialoga con i materiali assemblati, agli “Intrecci” degli anni 60, lavori raffinati e intrisi di memoria, fino alle “Dimore” , pitto-sculture realizzate con la sovrapposizione di stoffe, legni e pitture che ricordano le architetture contadine tipiche del Salento.
Ancora D’Avossa: “Da un altro versante Giovanni Fava riprende una esperienza dell’uso della scrittura che a partire dai primi anni Sessanta, diversamente utilizzata, irrompe nel campo della pittura e della scultura nei termini di materia scritta e disponibile alla lettura nei suoi più diversi significati e forme.
Quella di Giovanni Fava è un’ esperienza singolare fatta soprattutto di frammenti e parole che appartengono al suo pensiero, al suo vissuto visivo. Anche Fava, ma con un materiale più fragile come la carta, riannoda i fili di una pratica del ritaglio e della scrittura manuale che sono appartenuti e appartengono a grandi campioni della storia dell’arte contemporanea: Jiri Kolar e Ben Vautier.
In particolare il ritagliare piccole strisce di carta e riannodarle in volumi e intrecci ci dispone ad una visione e lettura del corpo stesso della pittura e della scultura.
Le parole diventano materia e atomi di un fare arte che non si arresta alla monocromia. La riscrive e la ritaglia in una zona visiva inesplorata e singolare.
E’ la compressione di questi pensieri a intrecciare corpo e mente della pittura e della scultura al medesimo tempo. Insomma il corpo frammentato, tagliato, reciso, dissezionato della visione si ricompatta, si unisce e riunisce in una nuova realtà, dove l’azione del volgere lo sguardo verso il basso, verso la sua profondità, diventa risalimento alle declinazioni di una scrittura e di una forma antica e contemporanea al medesimo tempo.”
E’ declinando e coniugando al limite del possibile visivo che entrambi, Armando Marrocco e Giovanni Fava, riallacciano i frammenti di un insegnamento sconosciuto: quello dell’arte.